italia.gif (104 byte)     F.lli Esposito                        © 2001  by Carlo Esposito ex allievo del 189' corso

Noi   ai    Professori

Prof. Adolfo Loreto

Povero Adolfo, béati nell’illusione, a lungo da te inseguita, ‘di riuscire finalmente a separarti da questi quindici delinquenti che come fantasmi ti hanno accompagnato ovunque da quando, mai giorno fu più funesto, calcasti il maledetto suolo. Beati perché è l’ultima delle illusioni rimasteti. E ricorda: le illusioni cadono melanconiche e tristi come le foglie in autunno. Proprio così: anche questa svanirà.  Noi ti perseguiteremo, ti cercheremo, ti troveremo. No, non preoccuparti, non ti lasceremo mai solo. Non ti permetteremo mai di rimanere abbandonato, non un solo istante potrai dire « Si sono scordati di me » e piangerai per questo dalla gioia (secondo noi), dalla disperazione (secondo te).Povero Adolfo, hai mai pensato al motivo di tutto ciò? E’ semplice. Solo chi ha dato qualcosa riceve qualcosa e lei, caro professore, ci ha dato tanta umanità: il messaggio più importante e difficile da trasmettere, un messaggio che non dimenticheremo, un messaggio che proprio grazie a Lei fa di noi non una classe ma una « nobilissima classe ». E’ per questo che la perseguiteremo, l’assilleremo anche se magari solo con il pensiero.  Il nostro è affetto, arrivederLa non addio nobilissimo professore.                 Il suo III classico A

Prof. Giulio Auxilia

Modesto, tenace, comprensivo: ecco come Lei, professore, ci è apparso nelle alterne vicende di questi tre anni trascorsi insieme Sempre disposto a comprenderci, non sempre a giustificarci, non ha mai desistito dall’elargire pensieri e consigli scaturiti da una profonda e sana coscienza religiosa ed umana. Forse non sempre l’abbiamo capita, forse, talvolta, l’abbiamo persino fraintesa, ma, e questa è una certezza, l’abbiamo stimata e la stimeremo sempre per quel suo caparbio attaccamento al dovere, per quella sua esasperata coerenza tra il « dire » e il « fare ». Per noi sarà sempre il « piccolo » grande uomo dagli occhi vispi, benevoli, comprensivi. Non a caso l’appellativo che, naturalmente, col suo modo di fare, ha attirato su di sé è stato quello di... « pio uomo ».  Arrivederci.     Il suo III classico A

Prof. Vincenzo Patane'

Un saluto concepito fuori dagli schemi tradizionali è quello che più si confà a colui cui piace vestirsi di un profondo razionalismo teorico e pratico. Si, perché, caro professore, questo è il suo modo di essere. Le piace nascondere il suo animo, che, per dirla con le sue parole, è uno dei più ma­nieristi (nella accezione positiva del termine), rivestendolo di una classicità equilibrata, aurea e razionale. Proprio per questo, due anni fà, seppe iniziare un discorso nuovo, che non trascurasse i nostri doveri e che ci insegnasse un po’ di autocontroilo e oi costringesse ad essere più maturi. La sua costanza nel dovere e la sua coerenza ci sono stati d’esempio; ed anche se qualcuno sul momento non l’ha capita, dopo, ripensandoci ammetteva il suo errore. Il suo catetdratico fiscalismo, la sua caustica autocritica, la sua sagace e mordace dissacrazione di tutto ciò, che, per il senso comune, è bello e buono, ci ha spesso impediti di capire quando è che scherza o meno. Con ciò, ci ha insegnato che, se la vita non è proprio così bella, come si vuoi dire, basta un po’ di autocritica e di obiettività e ci sembrerà migliore. Grazie, anche se non è questo quello che lei desiderava. Non è un « grazie » che sdebita, ma una sincera e profonda amicizia, che, speriamo, possa durare per sempre. Arrivederci. Il Suo III Classico « A »

Prof. Serafino Boccia

« Le vedette sono fuori? »  « Sì, non si vede ancora, forse oggi non c’è...!!! »  « No, ecco Franco che torna sottobraccio a lui... »  E sì, caro professore, ogni volta che toccava a Lei entrare nella nostra classe, il rituale era questo... Chissà perché? Forse era una sottile paura che si impadroniva di noi, tutti, piccoli o grossi « calibri », o forse perché la sua bianca capigJiatura ci metteva in soggezione, chissà... Comunque sia, fin dalla prima volta che l’abbiamo vista, ci è parso di trovare in Lei più che un professore, che dall’alto della sua cattedra ci iniziava allo studio di complicate formule matematiche, un padre, che con la saggezza e la severità che conviene ad un genitore (mazz’ e. panell’ fann’ e figl’ ‘bell’), ogni volta ci ha dato una lezione di vita e... di matematica.   Come dimenticare i suoi esempi « ortofrutticoli », le sue dissacranti battute sui nostri disegni che lontanamente volevano essere cubi, rettangoli, triangoli...  Caro professore, tante cose lei ci. ha insegnato in questi tre anni, ma la principale, per la quale le rimarremo sempre « amici », è la semplicità e la cortesia nel modo di agire con gli altri, rispettandone sempre la personalità.  Addio, professore, o, meglio, arrivederci.

Prof. Giuseppe Fischetti

Grazie di tutto

Prof. Giovanni Magliole

« Dan, dan, dan, dan..., dan », come dimenticare, caro professore, quei suoi « dolci »monosillabi che scandivano, lentamente, ma inesorabilmente, la nostra « agonia »; come dimenticare quelle sagome di sudore sul pavimento, segno, ultimo e tragico, di una nostra precedente esistenza, o, la sua formidabile capacità nello scoprire nuovi ed insospettabili « talenti ». Col suo modo di fare deciso, forte, consapevole, ha subito conquistato la nostra stima e la nostra fiducia. Comportandosi coerentemente in ogni occasione, ha saputo prenderci per il verso giusto e, agendo sul nostro orgoglio, umiliandoci volutamente e benevolmente (vedasi i vari epiteti che... è meglio non ripetere!!), ha ottenuto da noi quello che voleva e. forse, anche qualcosa in più: il nostro affetto! Dobbiamo, infine, ringraziarLa per aver evitato che le nostre membra si arruginissero nell’abulia e per aver contribuito, non poco, e non soltanto al nostro sviluppo fisico, ma, anche, a quello, non meno importante, umano e sociale! Arrivederci.             Il suo III classico A

Prof. Pasquale Di Sabato

Caro professore..., come suona strana questa parola nei confronti di un uomo, che, prima di essere docente, è stato, e, (si spera!), rimarrà sempre, un nostro fratello maggiore. La sua grande semplicità, il suo grande animo, la sua enorme comprensione per i problemi di quei ragazzi, che, purtroppo, (senza nulla togliere all’encomiabile prof. Ficalora), l’hanno avuto solo all’ultimo anno; l’hanno resa uno di noi, uno a cui confidarsi ed in cui trovare consiglio. Qui non si vuole elogiare il suo metodo didattico, nè il suo modo di interrogare, né tutto ciò che abbia a che fare con l’ambiente scolastico, con queste poche . righe le si vuoi rendere atto dell’affetto e della stima che proviamo nei suoi confronti. Affetto e stima che lei è riuscito a conquistarsi con la sua umanità che emana in ogni momento e che si riesce a palpare come se fosse una cosa consistente, anche quando si è lontani. Ci scusi se talvolta l’abbiamo addolorata contestandola, ma contestavamo il professore e non « Pasquale ». Fppure anche come professore è stato uno dei più vicini, se non il più vicino, a noi ragazzi.   Di questo e di tante altre cose le siamo grati e tutti speriamo di non « perderla »...!  Arrivederci e non Addio                    Il suo III classico A

I    Professori  a  Noi

Prof. Pasquale Di Sabato

Non è un’illusione, è finita davvero! Sempre, quando sta per chiudersi un periodo della nostra vita con le sue gioie, con i suoi dolori, con le sue dolcezze, con la sua malinconia, non possiamo non voltarci, anche se per un attimo, indietro a riguardare quel che siamo stati, cosa abbiamo fatto; e se innegabile è la nostra gioia ed il nostro entLsiasmo per il futuro, è pur vero che una lacrima righerà in ostri volti... Ora, in prossiimità dei mio congedo da voi, in uno sguardo a ritroso in quest’anno, che perlomeno per me è sembrato volare, mi riesce oltremodo difficile trovare delle parole che, al di là di ogni vuota retorica e di ogni stupido formalismo, possano rendere appieno i sentimenti che si affollano nel mio cuore ccme in una ridda fantastica... Vittorio, sforzati di impegnarti in modo più serio e profondo nella realtà delle tue cose. Marco, conserva la fanciullezza del tuo cuore. Silvio, vivi di più in mezzo a chi ti circonda. Fabrizio, parla a chi ti vuoi bene. Luca, sii sempre consapevolmente te stesso nelle scelte per la tua vita. Guido, abbandona la tua facile polemica e sii più liberamente te stesso. Rocco, non permettere che venga meno il tuo innocente sorriso. Maurizio, la tua nobile, raffinata sensibilità ti farà soffrire, ma nel contempo, ti aiuterà ad essere uomo. Alfredo, gentile, orgoglioso, ora incerto, ora sicuro conserva la vivacità dei tuoi interessi. Raffaele, conserva i tuoi principi sani, onesti, umani,, non derogare da essi. Teodoro, lascia i tuoi fumetti e guarda di più te stesso in mezzo agli altri. Antonio, gli uomini sono quel che sono, non aver paura, abbandona la tua timidezza. Alessandro, cerca di essere più vero con te stesso e con gli altri; bada che non vuole essere un rimprovero. Stefano, sei cambiato molto da quando ti ho conosciuto, prosegui per questa strada. Francesco, non ti « arrabbiare » con te stesso e con gli altri, prendi la vita e gli uomini per quel che valgono. A tutti insieme, e sottolineo insieme, non mi resta che dire « grazie », grazie di nulla e pur di tutto, della vostra presenza, della vostra calda realtà umana. Nel bandire la tristezza e la malinconia dei saluti, consapevole dell’arrivederci e non dell’addio, formulo per voi gli auguri più belli di un avvenire qualunque esso sia, serenamente felice.

Prof. Adolfo Loreto

Nobilissima classe addio! Con quanta trepidazione ti lascio! Più non vedrò furtiva­mente scivolare nei cassetti... i giornaletti. Più non vedrò. E svanirà lontano la voce, le voci della corale versione di greco o di latino. Svanirà lontano. E la visione svanirà di te dormiente sulla sinistra e di te impreparato, dolce ridente sulla destra. Una sottile scia, nella memoria, di te resterà, nobilissima classe, scandita nel tempo 1,x,2; l,x,2; 1,x,2;... La mancata vittoria al totocalcio; quella buona, carica di speranze ad integrare i numeri mancanti a Luigi XVI o a Luigi XVIII. Ma vinceremo un giorno; io, per certo, lo so, vincerò dopo che il tuo malaugurio sarà passato, nobilissima classe, addio!

Prof. Giuseppe Fischetti

Grazie a voi di avermi seguito durante questo corso di Studi.

Prof. Giovanni Magliole

Ragazzi, ormai è giunto per voi il tanto atteso momento, dopo tre anni di impegno trascorsi insieme in palestra, riconosco in voi degli uomini formati nello spirito e nel ca­rattere in questi tre anni ho apprezzato le qualità positive che avete saputo esprimermi. Ora che state per inserirvi in un nuovo contesto sociale dove ci attendono altri tra­guardi ed altre aspirazioni, sono sicuro che saprete affrontarli con lo stesso impegno, se­rietà e volontà di cui sie capaci. A voi tutti il mio più affettuoso augurio per il vostro avvenire.

Prof. Vincenzo Patane'

I giorni trascorsi assieme, troppo veloci e lenti ad un tempo, non volevano essere solo lezioni di Storia dell’Arte ma piuttosto un mutuo scambio di esperienze, convinto come sono che il discorso da intraprendere sia uno solo , e non certo solo artistico o let­terario. Pertanto ho cercato assieme a voi un discorso più latamente culturale alla ricerca di una cultura che, passando anche attraverso il fatto artistico, ci consenta di progredire verso un equilibrio interiore che ci permetta, magari pagando a caro prezzo e di persona, le scelte fatte, di rivedere criticamente il passato, giorno dopo giorno, in una verifica, costante e spietata, di ciò che è stato, posto finalmente a base logica di ciò che sarà. In ciò ho posto tutto, il mio impegno e ringrazio veramente chi mi ha voluto seguire. Spero, così, di aver contribuito, almeno un poco alla vostra evoluzione dal giorno in cui ci siamo conosciuti; io, nel contempo, sono certo diverso, dal giorno in cui mi sono totalmente impregnato del quotidiano e caro discorso con voi, miei primi amici, in un rappor­to in cui, eliminate, al momento opportuno, le barriere alunno-professore, stima ed affetto sono state le basi naturali. Un saluto, dunque, ma non un commiato, possibilmente. Ciascuno per la propria strada, ovvero, ma con la mente attenta ad immaginare i moti del cuore di chi un giorno ci siamo illusi, nella comune esperienza, di ben conoscere. E, soprattutto, col pensiero rivolto a questi giorni in cui tutti, giudici e testimoni di un’esperienza esclusiva, alunni e professori ad un tempo, abbiamo preteso di contribuire alla nostra maturità, che ora ci tocca offrire congruamente a chi ci sta vicino e contribuisce ad interrogarci quotidianamente. Giorni,’ questi, che sembreranno ben spesi, finalmente, quando ci parranno, prima che una lezione d’arte, una fetta di vita, qualcosa che affondi le proprie radici nel nostro futuro. Adesso, però, tocca lasciarsi. Col groppo in gola, senz’altro, anche se forse non ce lo possiamo permettere. Tanto il gioco continua. Anche senza di noi.

Prof. Giulio Auxilia

Mi scuso per non avervi dato tutto quanto era necessario per la vostra formazione culturale. Nonostante tutto vi chiedo di serbare un piccolo ricordo del vostro professore di Scienze che ha cercato di amarvi e di comprendervi nei limiti delle sue umane possibilità.     Auguri, auguri, auguri.

Prof. Serafino Boccia

Miei cari allievi, siamo quasi al termine dei tre anni del corso liceale, durante il quale le vostre menti hanno via via allargato i loro orizzonti culturali, affrontando con serietà e rigore dialettico problemi molteplici di vasto interesse sociale, politico, morale e scientifico, in ogni campo dell’umano sapere. Vi ho seguito con viva passione e con tanto amore, ho notato in ciascuno di voi il delinearsi di una personalità dai contorni ben chiari e dai caratteri di un uomo moderno, disponibile ad incidere positivamente in futuro con la sua azione di ordine, di bene, di luce e di orientamento morale per le masse. Il mio è stato, forse, un lavoro silenzioso, modesto ma determinante per il vostro futuro. Mi sono affezionato a voi, intimamente, profondamente. Nel lasciarvi, mi è gradito porgervi l’augurio più fervido e sincero che la vita vi sor­rida sempre e vi dia tutte quelle soddisfazioni che avete coltivato nell’animo vostro, durante le ore di meditazione trascorse alla Nunziatella.   Con viva simpatia e cordialità.

Nunziatella   :   MAKII 0

E così il terzo classico A, se ne va! questo è quello che rimane di tre anni trascorsi insieme: qualche foglio, sedici foto, due righe scritte in fretta e furia prima che termini il conto alla rovescia dei mesi, dei giorni, delle ore che mancano alla sospirata partenza. Il grande giorno è arrivato: doveva essere la fine di un incubo, la fuga da mura che sembravano opprimerci e privarci delle nostre energie vitali; doveva essere oblio di tutto quanto ci lasciavamo alle spalle e invece, è il giorno dei ricordi, della malinconia. Tutto assume un aspetto diverso, tutto è più bello, tutto ci è più caro, anche perché lo vediamo per l’ultima volta. Forse qualcuno di noi passerà per la classe per prendere le ultime cose da portar vita e in divisa bianca, con la licenza di fine corso in mano, aprirà la porta e troverà la nostra famigerata aula per la prima volta tranquilla, silenziosa, vuota... Che tristezza! Che inesorabile senso di desolazione proverà tra quelle mura che ci hanno vjsti allegri quanto abbattuti seguendo le alterne vicende della nostra travagliata storia. E allora non sarà più tanto premuroso di andarsene, non sarà più duramente critico nei confronti di quel periodo della sua vita che lo ha legato indissolubilmente ad altre 15 anime nell’affrontare dolori e gioie che divenivano forzatamente comuni. Si renderà conto di cosa ha voluto dire per tutti noi « CLASSICO A », come solo la solidarietà umana, altruismo, profondo affetto, anche se esteriorizzato nei modi più disparati, ci abbia consentito di trascorrere serenamente questi anni di scuola; di superare i momenti di intenso dolore che durante l’arco di tre anni hanno fatto ridurre, in ‘modo a volte tragico, il numero dei nostri componenti da 22 a 15. E’ proprio questo insolito destino, sfortunato, che la nostra classe ha avuto, che ci ha legati più strettamente che in qualunque altra, che ci ha maturati e ci ha preparati con la sua ingiustizia, la sua crudeltà, la sua tragica ineluttabilità all’implacabile vita che ci at­tende fuori di quì Senz’altro piangerà quello di noi che dovesse capitare in classe quando noi non ci saremo più..., come d’altronde faranno tutti gli altri sulla strada che li porterà via da queste mura e dagli anni migliori della propria adolescenza.             Mario Mattiucci

CI HANNO LASCIATO :
Bernardino Palumbo                                                             
Marcello Pizzo
                                                      Andrea Delfino

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